Dimarco, Chiesa, Segre e Pellegrini. Urge una riflessione

08.12.2020 18:09 di  Max Tosi   vedi letture
Dimarco, Chiesa, Segre e Pellegrini. Urge una riflessione

Lungi dall’affiancare, in una ipotetica scala di becerume, quello che sta succedendo in questi giorni ad un paio di ragazzi ex LGI, a questioni relative al razzismo. Un tratto comune e una denuncia però come testata giornalistica vicina al racconto quotidiano di chi fa e ama lo sport ce la concediamo.
Come si evince dalla geografia degli insulti e delle minacce di morte non esiste nord, sud o centro. Esistono solo “falliti” (parola perfetta usata da una delle “vittime”) vergognosamente impuniti nel loro modo di esternare. Quello che è successo in questi anni è una deriva verso il peggio alla quale ci si sta purtroppo abituando. E così, se da un lato, si fa ancora fatica a fermare una gara per gli ululati o ad ammettere di avere nel proprio club tifosi delinquenti, negando sino l’evidenza, arriviamo a quello che succede adesso.
Si colpisce con violenza verbale inaudita, inaccettabile, ragazzi poco più che ventenni (se va bene) , arrivando a toccare affetti familiari con sentenze scioccanti. I fatti del weekend altro non sono che la fisiologica (ahinoi) continuazione di quello accaduto qualche anno fa al Meazza. Un gol di Federico Dimarco all’ex squadra e apriti cielo. Perché un ventenne festeggia la cosa più naturale e bella di questo sport. Segnare la prima rete in serie A nello stadio dei sogni. Non importa con quale maglia o contro chi. Leggere i commenti dei leoni da tastiera, anonimi, che presi singolarmente farebbero probabilmente fatica a guardarti negli occhi, fu già allora un misto tra allucinogeno e sconvolgente. In una virata di target da brividi, siamo passati poi quest’estate per la vicenda Chiesa. Lorenzo, il fratello minore di Federico, minacciato ed insultato sui social. La colpa? Avere un parente che ha deciso di lasciare la Fiorentina per vestire la maglia della Juventus.
A questo giro i bersagli dei forcaioli webeti portano i nomi di Jacopo Segre e Lorenzo Pellegrini, gli ultimi due di una lista. Che non si fermerà se qualcuno o qualcosa non capiterà. Le domande alle quali non sappiamo dare risposte da normodotati si limitano al cosa ci sia di così provocatorio nel postare, dopo un derby perso, una foto con la maglia di omaggio di uno dei calciatori a cui ti ispiri. Cosi come non è “accettabile” un passaggio sbagliato dopo mille rincorse, possa scatenare l’ira di presunti “tifosi” giallorossi sino a bassezze da subnormali che arrivano a toccare valori e affetti. E succede anche che, se reagisci, scomodando la parola più elegante possibile (complimenti veri Lorenzo, da genitori ci sarebbe uscito molto molto di peggio) il club ti invita/costringe a porgere le scuse? Scuse? Di cosa? Ti hanno appena tirato un ceffone in pieno viso. E tu hai un consigliori ghandiano che ti invita a porgere l’altra guancia. Ci si chiede se questa sia la vicinanza e la tutela che ognuno di loro si meriti. O attenda. Che ognuno di noi reclama affinché non succedano mai più porcherie simili. Ma invece ricapiteranno. Sapete perché? Perché bisognerebbe andare oltre la paura di mettersi contro il proprio carico bestiame in versione tifosi. Non chiedere alle vittime degli schiaffi di recitare un mea culpa per la reazione. Bisognerebbe non stare zitti, senza emettere nemmeno uno straccio di comunicato, schierandosi totalmente a fianco dei ragazzi e condannando l’ignoranza e la cattiveria di un gruppo di cerebrolesi. E magari anche non girarsi dall’altra parte perchè , in fondo, “Non è capitato a me”.
Qui ci rivolgiamo alle presunte istituzioni del pallone italico. Ad una lega calcio seria, responsabile, attenta al “ripopolamento” degli stadi (sapete, quelli dove una volta la famiglia la portavi per una gioia condivisa e non per un insulto a distanza) dovrebbe prenderne atto di questi casi a profusione. Cosi come l’AIC (Associazione Italiana Calciatori). Chissà se il neo eletto presidente Calcagno vorrà fare una mossa di tutela concreta in tal senso. Anche solo per marcare una minima differenza dal predecessore che in fatto di tematiche junior ha lasciato parecchio a desiderare (fetta contributiva ed elettiva che non dava quasi nulla, uguale inutile spendersi per…). Proprio il periodo Covid dovrebbe averci insegnato l’esatto contrario. Non serve a nulla correre per se stessi, partorire calendari fitti, incastrare gare su gare, nel nome del dio denaro da incassare. Occorre riflettere di più. E sinceramente uno stop di qualche minuto ad inizio gare, per sensibilizzare e contrastare, nel rispetto di ragazzi a cui hanno rovinato e stanno rovinando il mondo sognato , lo meriteremmo proprio tutti. Tra le tante che vediamo e sentiamo, una giornata contro la violenza verbale nel calcio è quello che vorremmo vedere in atto. Magari portando al centro del campo la famiglia insultata o il ragazzo mortificato. Ministro Spadafora, ci faccia un pensiero almeno lei.