Ma La Giovane Italia esiste veramente?

22.09.2019 09:18 di  Paolo Ghisoni   vedi letture

Dovremmo essere a metà tra il compiaciuto e il gratificato. Mai come nella estate ormai alle spalle abbiamo visto e soprattutto letto come il nostro “brand” sia diventato quasi una doverosa citazione. Merito di Roberto Mancini e delle sue scelte coraggiose in chiave convocazioni Nazionali Maggiore. Ma anche di testate importanti, che celebrando “La Giovane Italia” hanno pensato bene di recapitare un messaggio di rinascimento azzurro ormai imminente. Dovremmo starcene zitti e operare la più classica delle operazioni di pavoneggiamento, battendo le spalle al vicino di social col motto “Noi ve lo avevamo detto”.

Invece la deontologia professionale (ah, esiste?), impone un'altra strada. Quella dell’analisi in primis se è, o meglio, potrà essere oro  tutto quello che ora luccica.  In fondo a livelli giovanili azzurre siamo reduci da una stagione ancora una volta rilevante. Finale Europea Under 17 e semifinale Mondiale Under 20. Potevano fare di più la Under 19 e la Under 21. Ma trattasi di un movimento in estrema salute, con alcuni picchi individuali (Esposito su tutti) ed altri , Cutrone e Kean, non a caso traghettati in Premiership (Ohyess, il campionato più ricco e richiesto del mondo). “Ehi, capo… Ma da noi sono rimasti quelli buoni…” L’obiezione potrebbe venire da più lati. Ma ha un unico mandante. Il millantatore che ti deve vendere il prodotto dello stivale come il migliore in circolazione. Potremmo starci al bluff. In fondo , se guardi chi arriva da noi, stando ad un analisi del Corriere della Sera, grazie ad un “illuminante” sconto fiscale, il boom stranieri estivo porta "qualità" e "marketing" al calcio nostrano. Siamo al 60,4% di giocatori schierati non italiani alla prima di campionato. Dato che , avendo chiuso il supermercato il 2 di settembre (altra grande dilazione geniale per chi prova a fare progetti calcistici) sembra solo destinato a salire. Ma in fondo, se siamo in salute, con 7 vittorie su 7 del nuovo corso manciniano, chissenefrega!! Menagramo pessimista, scioò! Pussa via. Torna a occuparti di giovani speranze azzurre. Che il calcio dei grandi lo raccontiamo noi..!

Possiamo almeno alzare una manina? E provare, tramite i nostri ranking, a dare una visione meno ottimistica (ma sicuramente più realista) al popolo bue?

Sapete quando Under 21 stanno giocando attualmente in serie A dopo 3 giornate di campionato? E quanti Under 20 in Lega B?  Gireremmo volentieri questo dato al commento proprio di Mancini (che sta facendo quadrare il cerchio). Egregio Roberto, che ne pensi di un ricambio generazionale che parla di 9 under 21 nella massima serie  (il nono, Raspadori del Sassuolo, con soli 12 minuti fatti) e di 15 nel campionato cadetto.

Sapete, in percentuale, quanti passi indietro, intesa come deficit presenze, abbiamo accumulato rispetto alla stagione della supposta  “grande crisi” (2017/18, fuori dal Mondiale). Esattamente il triplo in serie A e il quadruplo in Lega B.

E sempre secondo voi, questo trend al ribasso quando si farà sentire? Beh, sicuramente non a brevissimo termine. Quindi, via la polvere sotto il tappeto…

Quello che non riusciamo a capire in assoluto è che la programmazione in Italia esiste solo a scaglioni. E purtroppo con tappi fisiologici legati ad una presenza esagerata di giocatori stranieri. I risultati attuali delle Nazionali Under fanno parte di un oculato piano pluriquinquennale operato prima da Sacchi e poi da Viscidi. Ora abbiamo un ottima base di calciatori che dati alla mano avranno però un primo filtro tarpante (e non veicolante) nell’attuale Lega B, distante anni luce dal progetto illuminato dell’ex presidente Abodi.  Arrivare poi in A per un Under 21 italiano diventa più arduo di un pinguino che attraversa la Death Valley ad agosto.

Ma, come dicevamo, adesso non è il momento di rovinarci la festa da soli con analisi sul futuro del pianeta o del nostro movimento. Bisogna cavalcare la Nazionale “giovane” che domina un girone europeo nettamente facile. Abbiamo bisogno di riempirci la bocca e le pagine dei giornali del “stiamo tornando”. Viene in mente una frase celebre di Churchill. Ovvero che  “Il politico diventa uomo di stato quando inizia a pensare alle prossime generazioni invece che alle prossime elezioni.” Vediamo che succede in fatto di riforme “pro giovani italiani”. Ma anche stavolta, come per l’utilizzo del naming, non vorremmo avere avuto una premonizione di (in)successo.

Paolo Ghisoni